BARRICATE
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  

    Lorenzo aveva trascorso la nottata in compagnia di Francesca mischiando i loro corpi, madidi di sudore, fino allo sfinimento. Quando verso l’alba uscì dall'abitazione della ragazza il sole proiettava i primi raggi di sole sui tetti delle case. Serrato il portone alle proprie spalle si mise in cammino nel dedalo di strade che da Borgo del Naviglio l'avrebbe condotto nell'Oltretorrente, dall'altra parte della città.
    Dopo che la Camera del Lavoro aveva proclamato lo sciopero generale qualsiasi attività lavorativa era stata sospesa. Lorenzo aveva condiviso l'azione di lotta e, insieme agli altri carrettieri, si sarebbe astenuto dal trasportare la ghiaia, ammassata nei frantoi a ridosso del torrente Parma, verso la città. Era uscito dall’abitazione della compagna deciso a raggiungere operai e braccianti riuniti dalla sera precedente nel cortile della Barcaccia, una delle osterie dell'Oltretorrente situata a pochi passi dal Parco Ducale, decisi a intraprendere nuove azioni di lotta in risposta alle prepotenze dei padroni agrari. 
    Quando raggiunse il piazzale prospiciente la stazione ferroviaria si meravigliò nel trovarlo occupato da un gran numero di autocarri. Gli automezzi, parcheggiati in doppia fila lungo l'intero perimetro dalla piazza, provenivano, perlopiù, da altre province, mentre erano pochi gli autocarri con la targa di Parma. 
    Gruppi di fascisti in camicia nera, armati sino ai denti, erano raccolti intorno agli autocarri affaccendati nel predisporre un prossimo scontro armato. Equipaggiati con moschetti, rivoltelle e bombe a mano, davano a intendere d'essere ben determinati. Doveva trattarsi di squadristi impiegati dal partito fascista per svolgere spedizioni punitive: questo pensò Lorenzo mentre transitava loro accanto.
    Sulla pelle aveva ancora l'odore del corpo di Francesca da cui si era appena separato e ciò gli infuse sufficiente coraggio per proseguire il cammino verso la città vecchia. Attraversò la piazza con sufficiente disinvoltura, dissimulando il batticuore e l'inquietudine che lo attanagliava. Sorrise agli uomini in camicia nera che gli si facevano incontro fissandolo da capo a piedi. Proseguì ostinato nel proprio cammino senza mostrarsi spaventato come invece lo era. 
    Gli squadristi, vedendolo passare con fare disinvolto, non sospettarono che facesse parte del gruppo di anarchici sovversivi che in quei giorni infestavano l'altra parte della città, e non si diedero cura di fermarlo e perquisirlo.
    La tensione provocatagli dall'essersi trovato a stretto contatto con gli squadristi era andata a sommarsi allo stato di benessere che Francesca aveva saputo trasmettergli nottetempo quando avevano fatto l'amore.
    Il corpo di Francesca aveva sussultato più volte fra le sue braccia quando lei aveva raggiunto l'orgasmo. Sorpreso da quegli scuotimenti aveva persino ipotizzato che la compagna fosse in balia di una crisi convulsiva, stante l'intensità con cui il corpo aveva vacillato ed esibito persino degli occhi stralunati. Invece era soltanto un orgasmo, un meraviglioso orgasmo a grappolo.
    - Stanotte è stato fantastico. Mi è piaciuto fare l'amore con te. - aveva sussurrato all'orecchio di Francesca mentre, uscendo dall’abitazione dove aveva trascorso la nottata, si accingeva a fare ritorno nell'Oltretorrente.
    - Anche a me è piaciuto. – gli aveva risposto la ragazza.
    - Ci vediamo più tardi?
    - Forse.
    Lorenzo al pari di molti giovani parmigiani era un reduce della Grande Guerra. Al ritorno a Parma aveva aderito al gruppo degli Arditi del Popolo impegnandosi nel contrastare con ogni mezzo i fascisti che con la forza cercavano di assoggettare la città al loro volere. Ma Parma e la sua gente, a differenza delle altre città dell'Emilia, non si era arresa alle loro prepotenze.
    Quando raggiunse la trattoria della Barcaccia, in pieno Oltretorrente, il cortile della stazione di posta era gremito di persone. Lo sciopero generale proclamato dal Comitato Centrale dell'Alleanza del Lavoro era stato ritirato in tutte le città d'Italia salvo che a Parma, spingendo la gente dell'Oltretorrente a subodorare facili ritorsioni da parte degli agrari sostenuti dagli squadristi fascisti. 
    La presenza di squadre armate fasciste alla periferia della città e nel piazzale antistante la stazione ferroviaria, provenienti perlopiù da altre province, ne erano la conferma.
    La decisione di costruire sbarramenti e trincee nelle vie d'accesso dell'Oltretorrente fu presa all'unanimità dagli Arditi del Popolo. In poche ore le strade del quartiere assunsero le sembianze di un campo trincerato. 
    Il torrente che attraversa la città delineava un naturale steccato fra le due anime del capoluogo. Da una parte i signori e la ricca borghesia, nell'altra, quella più povera, i braccianti e gli operai.
    Nel giro di poche ore la popolazione dell'Oltretorrente e quella del Naviglio inalberarono barricate in tutte le strade utilizzando lastre di pietra e masserizie d'ogni genere. Lorenzo si schierò insieme con altri ribelli nei pressi della chiesa di Santa Caterina. Lì con alcuni compagni d'armi requisì i banchi della chiesa servendosene per erigere più di una barricata nella strada.
    La maggior parte degli Arditi del Popolo presero posizione nelle immediate vicinanze degli sbarramenti stradali edificati in tutta fretta. I comandanti, memori dell'esperienza acquisita durante la Grande Guerra, lasciarono a difesa delle barricate un esiguo numero di difensori. Questo perché di fronte a un attacco frontale degli squadristi fascisti, equipaggiati con armi da artiglieria, gli uomini a difesa delle barricate avrebbero costituito un piccolo bersaglio. Inoltre per rallentare un eventuale attacco di truppe da combattimento gli Arditi del Popolo disposero più linee di filo spinato a ridosso degli sbarramenti.

    Asserragliati nei pressi delle barricate, celati alla vista degli aggressori fascisti, gli Arditi del Popolo rimanevano nascosti dietro le persiane delle finestre oppure sdraiati sui balconi. Molti occupavano i tetti delle case da cui potevano dominare il terreno circostante, pronti, in caso d'assalto, a rispondere con determinazione alle offensive squadriste. 
    Gli Arditi del Popolo erano tutti uomini schedati dalla polizia, anche Lorenzo lo era. Per le forze dell'ordine, infatti, erano considerati dei comunisti, poiché tali erano bollati i ribelli sovversivi. Ma non tutti gli arditi erano armati, infatti, alle donne furono distribuite bottiglie colme di petrolio o di alcol da lanciare contro le Camice Nere nel caso fossero riuscite a penetrate nelle strade dell'Oltretorrente.
    Lorenzo, col fucile e un cannocchiale, prese posizione sulla torre campanaria della chiesa di Santa Caterina. Da quel punto di osservazione era in grado di scorgere le truppe fasciste, raccolte al di là del Ponte Caprazucca, nascoste dietro le mura delle case e pronte a effettuare un attacco.
    Verso mezzogiorno i fascisti, comandati da Italo Balbo, aprirono il fuoco. Per l'intera giornata si susseguirono attacchi verso le postazioni degli Arditi del Popolo. Si trattò per lo più di modeste scaramucce che però servirono a tastare le posizioni degli assediati.
    Lorenzo rimase tutto il giorno sul terrazzo della torre campanaria con il compito di vedetta. Quando il sole giunse al tramonto, lasciando spazio alle ombre della sera, si ritrovò stanco e affamato. 
    Seduto sul pavimento di legno della torre, con le ginocchia flesse e la schiena appoggiata contro un colonnotto, era in attesa che qualcuno gli desse il cambio.
    Il camminamento in legno dove era seduto racchiudeva il forame dove trovava posto l'enorme campana di bronzo col battaglio. Lo spazio era esiguo, ma sufficiente ad accogliere anche più persone.
    - Lorenzo! Lorenzo! - urlò una voce.
    L'esclamazione, dal timbro femminile, proveniva dalla scala in legno che dall'abside della chiesa conduceva alla torre campanaria. Lo scricchiolio dei gradini in legno avvertì Lorenzo dell'approssimarsi di una visita.
    - Ciao! Ti ho portato qualcosa da mettere sotto i denti. - disse Francesca uscendo con il capo dalla stretta apertura.
    - E tu che ci fai qua?
    - Dai, non fare lo scemo. Dovresti essere felice di vedermi, no?
    Nella mano la ragazza stringeva una gavetta di alluminio e nell'altra una micca di pane scuro con del lardo avvolto nella carta. Appoggiò le vivande sul pavimento di legno, dinanzi ai piedi di Lorenzo, e rimase con l'altra metà del corpo intrappolata nell'apertura.
    - Ti ho portato qualcosa da mangiare.
    - Vedo! Ma dovresti essere a casa. Che ci fai qui?
    - Quello che ci fai tu.
    - E' pericoloso questo posto, ci possono scappare dei morti. Non è un gioco per ragazzi, questo.
    - Lo so, ma volevo esserti vicina.
    - Come hai fatto ad attraversare le linee fasciste?
    - C'era bisogno di una staffetta per fare arrivare un messaggio al Comando Unico. Mi sono offerta volontaria. Da Borgo del Naviglio ho costeggiato la strada dietro il Parco Ducale e sono giunta sino qua.
    - Esci da lì, dai.
    Francesca risalì la scala e andò a sedersi accanto a Lorenzo. Le loro labbra si congiunsero per un breve istante per separarsi subito dopo.
    - Qui c'è un po' di minestrone. - disse mostrandogli la gavetta colma a metà di brodaglia. - Lo hanno preparato le donne della trattoria dell'Oca Morta. Se ti va puoi metterci delle briciole di pane, il minestrone sarà più sostanzioso.
    Lorenzo prese nelle mani il pentolino e lo strinse fra le ginocchia. Asportò la mollica dalla micca di pane, la sminuzzò in piccole parti, poi la collocò nel minestrone ancora tiepido. Afferrò il cucchiaio di alluminio che Francesca gli porse e si mise a mangiare la zuppa di gusto.
    - Peccato che non hai portato con te del vino. Ne avrei versato un poco nel minestrone, solo per dargli più sapore, eh!
    Riprese a cibarsi della zuppa che era quanto di meglio la gente dell'Oltretorrente poteva nutrirsi. Soltanto la domenica e in particolari occasioni gli capitava di cenare con un piatto di carne che condivideva con gli altri commensali.
    - Dimmi piuttosto cosa si dice dall'altra parte della città?
    - Che siete in un grosso guaio. Sono più di diecimila i fascisti in attesa del momento buono per dare assalto alle barricate.
    - E tu, credi che li lasceremo passare? Ci vuole ben altro! 
    Dopo essersi riempito lo stomaco con la zuppa Lorenzo afferrò la fetta di lardo che Francesca gli aveva consegnato. La tritò con i denti gustandola insieme al pane. Era buio quando terminò di rifocillarsi. 

    La luna nel suo ultimo quarto illuminava le strade dei borghi privi d'illuminazione pubblica. In lontananza riecheggiavano degli spari. Probabilmente era qualche fascista che cercava d'infiltrarsi nelle linee di difesa degli Arditi, pensò Lorenzo.
    - Resti a dormire con me stanotte?
    - Volentieri.
    Dall'alto della torre campanaria Lorenzo poteva ammirare per intero tutto il quartiere. Oltre il torrente, dall'altra parte della città, l'illuminazione pubblica era in funzione e permetteva d'individuare i diversi gruppi di Camice Nere pronti a sferrare l'attacco punitivo con mezzi di artiglieria leggera.
    Lorenzo e Francesca si addormentarono l'uno nelle braccia dell'altra, stretti nel risicato spazio della torre campanaria. Alle prime luci dell'alba furono svegliati dal suono delle campane della chiesa della Madonna del Quartiere distante soltanto qualche centinaio di metri da loro.
    - Buongiorno. - sussurrò Francesca all'orecchio di Lorenzo.
    - Uhm... Ciao!
    Francesca sfiorò con la mano la patta dei pantaloni del compagno. Lorenzo le afferrò le dita e si premurò di accompagnarle sul pene turgido.
    - Ehi, dico, sei già pronto?
    - Uhm... Sì!
    - Dai non fare lo sciocchino, non è questo il momento per fare certe cose.
    - E quando mai lo è allora? Dai vieni qua.
    - Smettila, non fare il bambino.
    Francesca infilò la mano nella striscia di stoffa che ricopriva i bottoni della patta e li sganciò uno a uno. La mano scivolò nell'apertura e prese fra le dita il pene.
    Era turgido e le pulsava nella mano. Lo scappellò, lentamente, senza premura. Lorenzo, sdraiato di fianco, la lasciò fare e prese a baciarle il collo dietro l'orecchio.
    - Uhm... dai, sciocchino, mi fai solletico. Lo sai che non resisto.
    - Sì, lo so.
    Lorenzo sfilò pantaloni e mutande e le fece scivolare fino alle ginocchia. Afferrò per la vita Francesca e la trascinò sopra di sé facendole appoggiare le natiche sulle cosce, vicino al pene. Francesca lo guardò in viso forte della posizione di dominio, come piaceva a lei. Si liberò della veste di cotone lasciando che il pene le premesse contro l'addome. Lo accarezzò con dolcezza sfregando con le dita la sottile pelle che ricopriva la cappella. Eccitata lo prese nella mano e lo infilò nella vagina. 
    Non ebbe bisogno di togliersi le mutande: era solita non indossarle, mai. Affondò le mani nel petto di Lorenzo tenendolo a debita distanza per meglio articolare i movimenti circolatori del bacino.
    La postura cosiddetta a smorzacandela permetteva a Francesca di godere nella sua pienezza del pene che premeva sul fondo della vagina. Quel portamento la rendeva egoista. Lui lo sapeva bene e l'assecondò afferrandole le tette fra le mani pizzicandole i capezzoli come piaceva a lei.
    Francesca pervenne all'orgasmo lasciando che Lorenzo le venisse nella vagina senza adottare alcuna precauzione. Era incinta di due mesi e fra non molto lui l'avrebbe condotta all'altare. Prima di rialzarsi si adagiò sul petto del compagno e lo baciò delicatamente sulle labbra. 
    Il sole illuminava la torre campanaria quando alcuni colpi di fucile echeggiarono in lontananza. Francesca se n'era andata già da un po' di tempo. Lorenzo si mise di nuovo a osservare con il binocolo i movimenti delle milizie fasciste raggruppate al di là del Ponte Caprazucca.
    Gli assalti si susseguirono per tutta la giornata senza che i fascisti riuscissero a infiltrarsi fra le barricate. Al termine della seconda giornata d'assedio sul terreno si contavano alcuni morti e parecchi feriti da una parte e dall'altra. Francesca seguitò a fare la staffetta attraversando le linee nemiche e le barricate. Ogni sera, al tramonto, andava a trovare Lorenzo sulla torre campanaria. 

    Quattro giorni dopo l'inizio dell'assedio lunghe colonne di autocarri carichi di fascisti continuarono ad affluire in città ingrossando le schiere degli assedianti. All'alba del quinto giorno le truppe di Italo Balbo tentarono l'ennesimo assalto lasciando sul campo morti e feriti, ma stavolta le truppe del Regio Esercito, fino allora rimaste rintanate nelle caserme, si frapposero ai fascisti a difesa degli assediati.
    Impauriti da questa presa di posizione i miliziani fascisti abbandonarono le postazioni e scapparono dalla città riversandosi in maniera caotica nelle campagne per paura di essere inseguiti dagli Arditi.
    La gente dell'Oltretorrente all'annuncio della dipartita dei fascisti scese nelle strade manifestando il proprio entusiasmo. Dai davanzali delle finestre le donne esposero dei drappi rossi, gli stessi che erano solite mettere in mostra durante il passaggio delle processioni, ma stavolta il colore dei tessuti aveva un altro significato; quello della libertà. 
    La spedizione punitiva si era trasformata per i fascisti in un disastro. Le Camice Nere lasciarono sulle strade trentanove morti e centocinquanta feriti. Dalla parte dei difensori c'erano stati cinque morti e qualche ferito. Fra i deceduti c'era Francesca, colpita a morte mentre attraversava le barricate. 



Si Erano Vestiti della Festa
(Attilio Bertolucci)

Si erano vestiti della festa
per una vittoria impossibile
nel corso fangoso della Storia.
Stavano di vedetta armati
con vecchi fucili novantuno
a difesa della libertà conquistata
da loro per la piccola patria
tenendosi svegli nelle notti afose
dell'agosto con i cori della nostra musica
con il vino fosco della nostra terra.
Vincenti per qualche giorno
vincenti per tutta la vita.

 

  Cliccando sulla fotografia potrai vedere le altre foto delle barricate

 

 

 
 

------------------------------------

 
 

Racconti
1 - 100

Racconti
101 - 200

Racconti
201 - 300

Racconti
301 - 400

Racconti
401 - 500

Racconti
501 - 600

Racconti 601-700


.E' vietato l'utilizzo dei testi ospitati in questo sito in altro contesto senza autorizzazione dell'autore
I racconti sono di proprietà di Farfallina e protetti dal diritto d'autore.
L'usurpazione della paternità dei testi costituisce plagio ed è perseguibile a norma di legge.