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CHILI DI LIBIDINE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico
adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il
contenuto possa offenderti sei
invitato a uscire.
Non
è la nuvola di Fantozzi quella che
staziona sopra la città, ma una enorme
nube di colore grigio-nerastro che si
espande a dismisura verso l'infinito.
Osservo la cappa di smog,
sconcertato da una simile bruttura,
mentre alla guida del Bmw percorro la
strada che da Berceto scende dalla
montagna verso Parma.
Ho trascorso l'intera
giornata tenendo compagnia ai miei
anziani genitori e adesso sono sfinito.
Vivono isolati in una casa di montagna,
distante solo una decina di chilometri
dal Passo della Cisa, là dove hanno
trascorso tutta la vita. Ho vissuto in
quel posto per parecchi anni, sino al
conseguimento della laurea, adesso ho
casa e un lavoro in città, e non vedo
l'ora di farci ritorno.
Parma e il suo territorio,
visti dall’alto, danno il
voltastomaco. Un disastro ambientale la
cui responsabilità è da imputare ai
processi di combustione collegati
all'uso dei motori a scoppio e agli
impianti di riscaldamento, ma
soprattutto alle polveri sottili
generate dalle attività industriali
sparse nella pianura.
Sembra che a nessuno
importi granché dell'inquinamento
atmosferico, eppure basterebbe bloccare
le sorgenti che producono sostanze
tossiche, e di conseguenza danni
biologici agli esseri umani, oltre agli
animali e ai vegetali, per vivere
meglio.
Alla guida del Bmw, dai
sedili un po' troppo rigidi per starci comodo,
sto percorrendo la strada piena di curve
e colma di buche che da Calestano scende
verso Sala Baganza.
La musica di Radio Deejay
esce dai diffusori hi-fi, sistemati ai
lati del cruscotto della vettura, e mi
tiene compagnia nel viaggio che conduco
verso casa mentre il fumo di una
Marlboro mi riempie i polmoni di
catrame. Do ascolto alla musica, ma i
miei pensieri sono proiettati oltre il
muso del Bmw e alla nube tossica che
sovrasta la pianura.
Eccomi di nuovo in città.
Ho impiegato meno di quaranta minuti a
percorrere i cinquantadue chilometri che
separano Berceto da Parma. Sto
percorrendo la rotonda che s'incrocia
con la tangenziale di Via Spezia quando,
ahimè troppo tardi, un Sub nero,
proveniente dalla mia destra, non
arresta la corsa al segnale di stop e mi
viene contro ignorando la mia precedenza.
Non mi arrischio a premere
il pedale del freno, anzi, d'istinto
accelero la corsa nella speranza di
scansare il Sub, ma non ci riesco. Il
muso del fuoristrada urta con estrema
violenza la fiancata posteriore del Bmw.
Il rumore torvo delle lamiere che si
contorcono, nell'attimo in cui le auto
vengono a contatto, è assordante ma
breve. Stringo le mani attorno il
volante per attutire le conseguenze
dell'impatto sulla mia persona. Il Bmw
ruota più volte su se stesso e mi
prende il terrore di morire.
Stavolta, al contrario di
quanto ho fatto qualche istante prima,
calco il piede sul pedale del freno per
arrestare la corsa della macchina che
nel suo movimento è ormai inguidabile.
Le gomme delle quattro ruote stridono
sull'asfalto e producono un rumore
stordente.
Il paesaggio ruota intorno
ai miei occhi per un paio di volte. Temo
di cappottarmi dopo che il Bmw ha
compiuto più di una carambola. Invece
la vettura arresta la corsa ai margini
della rotonda senza capovolgersi. Il Suv,
dopo avermi speronato, ha proseguito la
corsa finendo con le ruote sull'aiuola
della rotonda dove si è fermato in modo
definitivo.
Il dispositivo dell'airbag
di cui il Bmw è dotato non ha
funzionato. Rimango per qualche istante
sul sedile di guida mentre il cuore
sembra uscirmi dal petto per lo
spavento.
Slaccio la cintura di
sicurezza che mi ha evitato di sbattere
la fronte contro il tergicristallo,
dopodiché spalanco la portiera e mi
ritrovo in piedi sull'asfalto. Le gambe
mi tremano mentre resto a guardare la
carrozzeria della mia automobile.
Le ruote della fiancata,
quelle sulla destra del Bmw, sono finite
oltre il cordolo della pista ciclabile
ai margini alla rotonda. E' un miracolo
se non ho investito uno dei ciclisti che
transitavano sulla pista ciclabile nel
momento dell'urto. Grazie a Dio non ho
niente di rotto e nemmeno sono ferito.
Giro intorno al Bmw e mi
accerto dei danni provocati dall'impatto
sulla carrozzeria. Un infossamento della
lamiera nella parte posteriore della
vettura, appena dietro la ruota, ha
spostato il portello del baule verso
l'alto e lo ha reso pressoché
inservibile.
Costatato il danno
incomincio a imprecare contro il
conducente alla guida del Suv che non si
è fermato allo stop. Giro lo sguardo
nella direzione della vettura che mi ha
investito, ma non scorgo nessuno accanto
alla macchina investitrice.
Probabilmente il conducente è ancora al
posto di guida. Questo è ciò che mi
viene da pensare.
Il traffico attorno alla
rotonda è completamente bloccato. Più
di una persona è uscita dalla propria
autovettura per sincerarsi
dell'accaduto. Un automobilista che ha
assistito allo scontro sostiene che devo
considerami fortunato per non essermi
ferito. Io non riesco trattenere la
rabbia e mi lancio verso il Suv per
aggredire a male parole il conducente
dell'automezzo.
Nessuno fa niente per
trattenermi. Raggiungo la montagnola
fiorita al centro della rotonda, là
dove il Suv ha arrestato la corsa, e mi
accosto alla vettura dalla parte del
guidatore.
La portiera è spalancata. Una
donna dall'aspetto pasciuto è riversa
sul volante. Volge il viso nella mia
direzione e mi dà l'impressione di
essere svenuta.
Mostra d'avere trent'anni o
poco più, perlomeno questa è la
percezione che ne ricavo. Provo a
scuoterle una spalla per sincerarmi se
è ferita oppure se è solo impaurita.
Le parlo, ma lei non dà risposta a
nessuna delle domande che le rivolgo.
Finalmente, dopo tanto insistere,
farfuglia qualche parola e apre le
palpebre degli occhi. Non ha tracce di
sangue né sul volto né sugli abiti.
L'aiuto a rialzarsi dal volante. Le
accosto il capo sul poggiatesta del
sedile e la rassicuro.
Nel frattempo tutt'intorno
al Suv si è ammassato un gran numero di
persone. Resisto alle spinte di chi,
alle mie spalle, vorrebbe guardare da
vicino il volto della conducente del Suv.
Un uomo anziano, lo stesso che poc'anzi
mi ha rivolto la parola, mi informa che
ha provveduto a chiamare il 118 col suo
cellulare. Lo ringrazio mentre assecondo
i bisogni della conducente del Suv che
seguita a piegare la testa in avanti e
all'indietro sul volante e appare
stordita.
- Tiriamola fuori da lì. -
suggerisce una voce alle mie spalle.
- Meglio aspettare i militi
del 118. - gli fa eco la voce di un uomo
il cui viso non riesco a scorgere. - Se
la muoviamo potremmo causarle dei danni,
specie se ha delle fratture alla colonna
vertebrale. A estrarla dalla vettura è
meglio che se ne occupino dei
professionisti.
Per quello che ne capisco
la donna non mi sembra grave, ma deve
essere sotto shock, probabilmente a
causa della botta che le ha causato
l'incidente.
- Non è niente, sto bene,
sto bene, mi riprendo subito. -
bisbiglia la donna girando lo sguardo
nella mia direzione.
- Sì, ma non si agiti. -
la rassicuro.
- Mi spiace, non so
spiegarmi come sia potuto accadere. Non
mi sono accorta della vettura che stava
sopraggiungendo alla mia sinistra. E'
tutta colpa mia, mi sono distratta e...
- Non si preoccupi, stia
calma, fra poco arriva l'ambulanza. Gli
infermieri la tireranno fuori dalla
vettura.
- L'ambulanza?
- Sì, certo, abbiamo
avvisato il 118. Fra non molto
arriveranno i soccorsi.
- Non ho bisogno
dell'ambulanza. Esco da sola dalla
vettura, ormai mi sono ripresa, sto
bene.
- Ma si fermi! Cosa vuole
fare? - la scongiuro.
La donna, facendo forza con
un braccio e la mano che stringe il
volante, esce dall'abitacolo seppure con
qualche difficoltà.
La massa adiposa del suo
corpo ha di sicuro attutito la botta.
Sta bene e non mostra tracce di ferite.
Ma appena ha messo il naso fuori
dall'abitacolo è costretta a mettersi
seduta sul prato. Forse ha un capogiro,
oppure le gambe non la sorreggono,
penso, ma le mie sono solo supposizioni.
Rimane in quella posa,
seduta sul prato, con le ginocchia
flesse, mentre la folla di curiosi,
assiepata tutt'intorno, dà
l'impressione d'interessarsi più alla
stoffa delle mutandine, lasciate
impudicamente scoperte in quella
postura, piuttosto che al suo stato di
salute.
La invito a coricarsi
sull'erba conscio che un maggiore
afflusso di ossigeno al cervello
potrebbe aiutarla a risolvere il
problema. Lei dà seguito al mio
consiglio e si sdraia sull'erba.
La gonna, cortissima, si è
arricciata sulle cosce imbottite di
adipe e le ha lasciato scoperto lo slip.
Il modello di mutande è piuttosto
strano. E' di colore nero, realizzato in
latex, con dei piccoli fori. Forse
servono a lasciare traspirare la pelle
sottostante, penso. La vista delle
mutande, così oscenamente esposte, mi
provoca un certo imbarazzo.
- Ehi, sta di nuovo poco
bene? - le chiedo dopo essermi
inginocchiato sul prato accanto a lei.
- Forse è meglio che
rimanga coricata. Mi gira la testa.
Mentre parla mi accorgo che
nella mano, quella sinistra, stringe un
aggeggio di plastica di colore bianco.
L'apparecchio è molto simile a un
telecomando ed è fornito di una
pulsantiera. Sto per sfilarglielo dalle
dita quando, inavvertitamente, premo uno
dei pulsanti della tastiera.
La donna incomincia ad
agitarsi come fosse preda di
convulsioni. Spaventato mi ritraggo e
indietreggio di qualche passo.
Un uomo anziano si fa largo
tra la folla di curiosi. Mantiene le
mani sui fianchi e si rivolge a me con
un sorriso teso sulle labbra.
- E' colpa delle botta che
ha preso alla testa. Magari le si è
rotto un vaso sanguigno nel cervello. E'
probabile che sia questo il motivo dei
tremori. Io me ne intendo sa, ho fatto
il volontario della Croce Rossa per
molti anni e sono stato testimone di
parecchi traumi simili a questo.
Cerco aiuto con lo sguardo
fra la folla di persone che mi circonda.
Sono tutti immobili e nessuno biascica
una parola. Guardiamo con curiosità la
donna che seguita ad agitarsi nel prato.
Mi faccio coraggio e mi chino su di lei.
Le mollo un paio di sberle sulle guance
per scuoterla dallo stato di eccitamento
in cui è precipitata, ma non ottengo
nessun risultato.
In maniera sbadata appoggio
la mano sopra una delle sue cosce e
resto sorpreso nell'avvertire un
insistente tremore della pelle. Alzo lo
sguardo verso le mutandine e noto che
anche il tessuto del tanga vibra in modo
impercettibile al pari delle cosce. Con
un certo imbarazzo lascio cadere le dita
sul tanga senza curarmi di quello che
potrebbero pensare le persone che mi
circondano. Il contatto della mano sul
tessuto e la percezione di una
vibrazione meccanica mi confermano che
l'origine dei sussulti proviene da sotto
il tanga.
Guardo il telecomando che
stringo nella mano e mi viene da pensare
che ci possa essere una relazione fra
quell'oggetto e il tremore della donna.
- Quello che stringe nella
mano è il telecomando di uno
stimolatore per clitoride. - dice una
voce dal timbro giovanile che avverto
alle mie spalle.
Incuriosito giro lo sguardo
nella direzione della voce. A parlare è
stato un ragazzo che scorgo in sella a
una mountain-bike. Mi rivolge lo sguardo
con aria distaccata mentre seguita a
masticare un chewing-gum.
- La signora ha addosso un
perizoma vibrante che le stimola il
clitoride ed è azionato da quel
telecomando. Ci vuole tanto a capirlo?
Ma in che mondo vivete?
Confuso osservo l'oggetto
che stringo nella mano. Leggo la scritta
impressa sopra i tasti: "Vibro
thong - stimolatore per clitoride con
vibrazione regolabile."
- E' un vibratore a
batteria, molto silenzioso. Forse anche
in questo momento le sta stimolando il
clitoride con spillate di intenso
piacere. E' probabile che il meccanismo
del vibratore sia andato fuori
controllo. Questo spiegherebbe tante
cose, anche il mancato arresto
dell'automobile allo stop. Magari ha
esagerato con il moto delle vibrazioni e
ha incominciato a tremare quando ha
raggiunto l'acme del piacere, dopodiché
ha avuto un malore ed è svenuta. Capita
quando una donna raggiunge l'orgasmo.
Le parole pronunciate del
ragazzo, un tipo dal musetto sifilitico
e un ciuffo di capelli spalmati di
gelatina, molto simile a quello di Elvis
Presley, hanno incuriosito non solo me,
ma l'intero gruppo di persone che fanno
circolo intorno alla donna coricata
nell'erba, e circondata da fiori, come
fosse in un camposanto.
- Beh allora che faccio?
- Spenga il vibratore
premendo il tasto STOP del telecomando!
- urla un uomo alle mie spalle. - Ci
vuole tanto a capirlo!
Sì, certo, devo farlo.
Afferro il telecomando che in precedenza
ho lasciato cadere nel prato e premo il
tasto blu dello STOP.
La donna smette d'agitarsi
a conferma che la tesi sostenuta dal
ragazzo è giusta. Lo svenimento è
stato provocato dal vibratore del
clitoride, adesso ne sono certo. Non ha
avuto né convulsioni né tanto meno
emorragie al cervello, per fortuna. E'
tutto merito di una super eccitazione se
si è ridotta in questo stato
catatonico. Eccheccazzo!
- Visto? Che le l'avevo
detto? La colpa è di quell'aggeggio
infernale. - conferma soddisfatto il
ragazzo col ciuffo all'Elvis Presley e
giubbotto di pelle nera, prima di
allontanarsi in sella alla sua
mountain-bike. - Certi vibratori, specie
quelli Made in China, andrebbero usati
soltanto da chi ne capisce qualcosa,
altrimenti...
L'osservo stupefatto. Lo
stesso fanno le persone assiepate
intorno alla donna rimasta coricata
sull'erba.
La sirena di una pantera
della polizia stradale anticipa di poco
il sopraggiungere di una ambulanza. Un
medico rianimatore, coadiuvato da un
paio di infermieri, si prende cura della
donna.
Sono allontanato dai
poliziotti insieme alla folla di
curiosi. Medico e infermieri caricano la
donna su di una barella che si premurano
di trascinare sull'ambulanza. Il mezzo
di soccorso riparte subito dopo,
stavolta senza azionare la sirena.
Uno dei poliziotti mi si
avvicina e mi chiede la carta di
circolazione del Bmw e la patente di
guida. Subito dopo va al posto di guida
della sua vettura per controllare i miei
dati attraverso la radio collegata alla
centrale operativa della questura.
Quando ritorna gli racconto
la mia versione sull'incidente, ma anche
della presenza del perizoma vibrante che
ho trovato addosso alla conducente. Lui
mi guarda perplesso e stenta a credere a
ciò che gli ho raccontato a proposito
del vibratore. Mi fa firmare un paio di
fogli e mi informa che sono libero di
andarmene.
Mentre il carro attrezzi
trascina via il Bmw mi viene da pensare che
potrei fare dono a Rossana, la mia
compagna, di un perizoma vibrante simile
a quello utilizzato dalla cicciona alla
guida del Suv. Glielo potrei fare
indossare durante una delle prossime
sere, magari mentre siamo a cena con i
nostri amici, e azionare il vibratore a
distanza utilizzando il telecomando.
Conoscendo Rossana sono certo che le
procurerei un inusuale piacere sessuale.
Spero soltanto che non s'inceppi il
meccanismo come è accaduto alla
cicciona. Sarebbe davvero imbarazzante
se succedesse.
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